Nelle profonde foreste dell’Ucraina, dove la nebbia si insinua tra i tronchi secolari e il vento canta storie antiche, viveva un semplice contadino di nome Ivan. Per lui, il bosco non era solo una fonte di legna, ma un rifugio sacro, un luogo dove sentirsi parte della natura.
In una mattina fredda e umida, con il cielo carico di nuvole basse e l’odore della terra bagnata nell’aria, Ivan partì per raccogliere legna da ardere. Sembrava un giorno come tanti altri, finché un improvviso ululato disperato non ruppe il silenzio.
Ivan si fermò di colpo. Quel suono non era normale: vi si percepiva dolore, paura, quasi un’eco di sofferenza umana. Senza pensarci, lasciò cadere il sacco e si inoltrò nella boscaglia, guidato dall’istinto.
In una radura trovò una scena straziante: una lupa adulta aveva una zampa imprigionata in una trappola arrugginita. Era stesa a terra, esausta, con il respiro affannoso e gli occhi spenti. Accanto a lei, un piccolo cucciolo di lupo guaiva piano, cercando di avvicinarsi alla madre.
La ragione suggeriva a Ivan di mantenere le distanze: un animale selvatico ferito è imprevedibile e pericoloso. Ma qualcosa nel suo cuore gli impedì di voltarsi.
Si avvicinò lentamente. La lupa ringhiò debolmente, ma il suo verso era più un gemito di paura che una minaccia. Ivan osservò la trappola: vecchia, corrosa dalla ruggine, serrata con forza attorno alla zampa.
Usando una grossa pietra trovata a terra, Ivan colpì ripetutamente il meccanismo. Dopo diversi tentativi, la trappola cedette, liberando la lupa.
L’animale, esausto, crollò su un fianco. Senza esitare, Ivan la sollevò sulle spalle e raccolse anche il cucciolo tremante.
Con passo lento e deciso, li portò a casa, attraversando la neve alta.
Quella notte, Ivan curò la lupa vicino al camino acceso. Pulì la ferita, la fasciò con cura e le diede da bere. Il cucciolo si rannicchiò vicino alla madre, trovando finalmente un po’ di pace.
Il giorno seguente, spinto dall’istinto, Ivan tornò nella foresta. Dopo lunghe ricerche, trovò altri due cuccioli nascosti in una cavità. Anche loro erano affamati e infreddoliti. Li portò a casa, completando la famiglia.

Sembrava che la storia dovesse concludersi lì. Ma ciò che accadde il giorno successivo lasciò l’intero villaggio senza fiato.
All’alba, Ivan uscì di casa e vide qualcosa di incredibile: il suo cortile era circondato da una dozzina di lupi adulti. Non ululavano, non mostravan segni di aggressività. Sedevano in cerchio, immobili come sentinelle.
I paesani si radunarono a distanza, incapaci di credere ai propri occhi. Alcuni si fecero il segno della croce, altri osservavano in silenzio, pieni di stupore.
I lupi rimasero tutto il giorno, silenziosi e rispettosi. Solo al tramonto si alzarono uno a uno, scomparendo di nuovo tra gli alberi.
Da quel giorno, Ivan divenne una leggenda. Si diceva che il bosco lo avesse accolto come uno dei suoi. Nessuno più osava fargli del male, né uomo né bestia.
Ivan continuò a vivere nella sua casetta al margine del bosco, protetto da un invisibile patto di gratitudine e rispetto, stipulato tra lui e la natura stessa.