Dava tutto il suo stipendio alla suocera per salvare il marito malato, ma un giorno decise di arrivare senza avvisare. E quello che vide la distrusse

Alina amava Marco fin dai tempi dell’università. Avevano superato insieme difficoltà di ogni tipo: precarietà economica, lavori malpagati, sogni posticipati. Ma nulla li aveva preparati alla prova più dura: la malattia improvvisa di Marco.

Era iniziato tutto con una semplice stanchezza, poi dolori strani, e infine una diagnosi che richiedeva cure costose e continue attenzioni. Alina, senza esitare, si era assunta tutta la responsabilità. Lavorava giorno e notte, accettando ogni straordinario, ogni incarico aggiuntivo, ogni sacrificio.

Ogni centesimo guadagnato lo consegnava alla suocera, la madre di Marco, fidandosi delle sue promesse: che avrebbe curato Marco, che avrebbe comprato le medicine, che avrebbe seguito alla lettera ogni indicazione medica.

Alina viveva per quella speranza. Anche quando, al telefono, Marco sembrava distante, spento, lei pensava: è la malattia, non la sua volontà. Bisogna resistere.

Ma dentro di sé qualcosa la inquietava.

Una sera, stremata dopo una lunga settimana di lavoro, decise improvvisamente: andrò da loro, senza dire nulla. Solo per vederlo, solo per stringergli la mano.

Comprò della frutta fresca, prese le sue vitamine preferite, e si diresse verso la casa della suocera.

Quando arrivò, il cuore le batteva forte. Ma quello che sentì la bloccò sulla soglia.

Risate.

Non una, ma tante. Forti, allegre, spensierate.

Alina bussò.

La porta si aprì e la suocera apparve, sorpresa e visibilmente irritata.

— Che ci fai qui? — sbottò, senza nemmeno salutarla.

Alina non rispose. Entrò.

La scena che si presentò davanti a lei era surreale.

Marco era seduto a tavola con amici e parenti, ridendo, brindando. La tavola era imbandita con ogni tipo di cibo e bevande. Nessuna traccia della debolezza, della malattia, della sofferenza che le avevano descritto.

Alina si immobilizzò.

Marco la vide e si irrigidì, il sorriso svanì per un istante.

— Alina… Non dovevi essere al lavoro? — disse, cercando di sorridere di nuovo, goffamente.

La borsa con la frutta le cadde dalle mani.

— Cos’è tutto questo? — chiese con voce rotta.

La suocera si fece avanti, scrollando le spalle:

— Marco sta bene ormai. È guarito da mesi. Tu volevi salvarlo, no? Bene, adesso è salvo. Qual è il problema?

Alina sentì il mondo crollarle addosso.

— E i soldi? I miei stipendi? — mormorò.

— Ah, quelli… — rise amara la suocera. — Dovevamo pur vivere anche noi. Non penserai che li spendessimo tutti per lui, vero?

Marco abbassò lo sguardo. Non osò aggiungere nulla.

In quell’istante Alina comprese.

Mesi di fatica, notti insonni, sacrifici, sogni infranti — tutto era stato sprecato. Anzi, peggio: era stata usata, tradita, derisa.

Senza dire una parola, girò sui tacchi e uscì.

Fuori pioveva.

La pioggia le scorreva addosso, fredda, pungente. Ma Alina non se ne accorse. Dentro di lei qualcosa si stava spezzando. Non era solo dolore. Era qualcosa di più profondo: la perdita della fiducia, della fede nell’amore incondizionato.

Camminava senza meta.

Non sapeva dove stesse andando.

Ma una cosa era chiara come il cielo grigio sopra di lei.

Non sarebbe mai più tornata indietro.

E mai più avrebbe permesso a qualcuno di calpestare il suo cuore.

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