Era una di quelle giornate che sembrano perfette: cielo azzurro, mare calmo, un lieve vento tiepido che accarezzava la pelle e la sabbia. Una spiaggia della Puglia, piena di famiglie, bambini che giocavano, turisti rilassati. Nessuno poteva immaginare che da un momento all’altro l’idillio si sarebbe trasformato in un incubo mai visto prima.
Alessia, 34 anni, di Milano, era in vacanza con il compagno e due amici. Amava il mare sin da bambina. Quella mattina, alle 11:42, si era immersa nell’acqua con il suo solito entusiasmo, nuotando a circa venti metri dalla riva. Il compagno la osservava sorridente, quando improvvisamente una scia scura sotto la superficie attirò lo sguardo dei bagnanti. Poi, un urlo straziante.
Molti pensarono a una medusa, altri a un malore. Ma poi comparve una pinna, netta, verticale, e l’acqua attorno ad Alessia cominciò a tingersi di rosso. La donna veniva trascinata, sballottata, come se qualcosa di enorme e violento la stesse avvolgendo. Le urla dei presenti si mescolavano al rumore del vento e delle onde. Alcuni si tuffarono per aiutarla, ma un bagnino li bloccò urlando:
«È uno squalo! Tornate indietro!»
Pochi secondi dopo, tutto si fece silenzioso. Il mare tornò calmo. Nessuna pinna, nessuna traccia dell’aggressore. Alessia fu riportata a riva, viva ma incosciente. Ferite profonde a una gamba, un braccio lacerato. Ma ciò che lasciò perplessi i soccorritori furono i tagli netti e paralleli sulla schiena, come incisioni chirurgiche, non compatibili con morsi animali.
Poi comincia il vero mistero
I video girati dai bagnanti furono subito analizzati dalle autorità. E ciò che emerse sconvolse persino gli esperti. Le immagini mostravano sì una pinna, ma i movimenti dell’acqua attorno ad Alessia erano anomali. Era come se un campo d’energia la avesse avvolta, come se l’attacco fosse stato «controllato».

Un biologo marino, visionando le riprese, affermò:
«Non è uno squalo. O perlomeno, non uno che conosciamo.»
Le acque furono immediatamente interdette. Sonar, droni, elicotteri: nessuna traccia. Ma un’anomalia rimase registrata: la temperatura dell’acqua calò improvvisamente di 4 gradi nella zona esatta dell’attacco. Nessuna spiegazione ufficiale.
Intanto i social esplodevano. Alcuni parlavano di un esperimento militare sfuggito di mano, altri di forme di vita sconosciute, qualcuno addirittura di presenze extraterrestri. Alcuni testimoni riferirono di aver visto una sagoma metallica sotto il mare, altri di aver udito un suono acuto e penetrante, simile a un fischio, un istante prima dell’attacco.
Quando Alessia si sveglia, tutto cambia
Quattro giorni dopo, in ospedale, Alessia aprì finalmente gli occhi. Non parlò subito. Poi, con voce flebile, disse qualcosa che fece gelare il sangue ai presenti:
“Non era uno squalo. Mi osservava. E poi… mi ha parlato.”
Non un’allucinazione, secondo lei. Ma una voce nell’acqua, che non veniva dalla mente, ma dal mare stesso. Un sussurro gelido, inumano, che sembrava vibrare attraverso ogni fibra del suo corpo.
Gli psicologi attribuirono le parole allo shock. Ma alcuni scienziati cominciarono a collegare i fatti a tre casi precedenti, avvenuti nella stessa zona. Pescatori scomparsi, sub trovati feriti e privi di memoria, e sempre la stessa anomalia nelle acque.
Che cosa ha davvero aggredito Alessia?
Le teorie si moltiplicano:
– Uno squalo modificato geneticamente?
– Un drone autonomo sfuggito al controllo?
– Una creatura abissale mai catalogata?
– Una forma di vita artificiale?
– Qualcosa che non appartiene a questo mondo?
Nessuna risposta ufficiale. La spiaggia è stata riaperta in silenzio. I giornali locali sono stati invitati a “non alimentare il panico”. Alessia è stata trasferita in una località segreta. Ma il sospetto ormai si è radicato.
Perché ciò che è emerso da quell’acqua non era solo un animale.
Era qualcosa che osserva. Qualcosa che sa. Qualcosa che aspetta.
E forse, Alessia è solo la prima.
O l’unica sopravvissuta che ha visto ciò che non doveva vedere.
Il mare è profondo. Ma ancor più profondi sono i suoi segreti.
E qualche volta, i segreti emergono per ricordarci che non siamo soli.