Per cinque anni pianse la moglie defunta, ma un giorno, entrando in cucina, rimase pietrificato nel vedere nella sua casa i fiori che quella stessa mattina aveva lasciato sulla sua tomba

Sergei aveva cambiato università all’inizio dell’ultimo anno. Arrivò in un’aula dove gli studenti avevano già stabilito le loro abitudini: i posti in fondo erano pieni, come sempre. Solo un posto era libero — proprio accanto ad Anna, la ragazza silenziosa che tutti rispettavano, ma che nessuno osava disturbare.

Da quel giorno, Sergei iniziò a sedersi accanto a lei. All’inizio non parlarono molto, poi, poco a poco, cominciarono a scambiarsi qualche parola. Sergei era un tipo calmo, ma dentro di sé portava un peso enorme: la morte della moglie, avvenuta cinque anni prima in un incidente d’auto. Da allora, ogni sabato portava un mazzo di gigli bianchi sulla sua tomba. Erano i suoi fiori preferiti.

Una routine fatta di dolore e silenzio
Ogni sabato mattina, Sergei seguiva lo stesso rituale: si alzava presto, comprava i fiori, li lasciava sulla tomba, si fermava in silenzio, poi tornava a casa. La sua vita scorreva così da anni, come un orologio fermo su un’unica ora.

Quella mattina di aprile non era diversa. I fiori erano freschi, scelti con cura. Tornato a casa, Sergei si tolse il cappotto, entrò in cucina e… si bloccò. Nella stanza, sopra il tavolo, c’era un vaso. E nel vaso — lo stesso mazzo di gigli bianchi che aveva lasciato sulla tomba della moglie meno di due ore prima.

Il cuore gli martellava nel petto. Non era possibile. Nessuno era entrato in casa. Lui era stato l’unico ad avere la chiave. Non poteva essere un sogno, né un’illusione.

Il mistero dei gigli
Per ore restò seduto davanti al vaso. Non li toccò, non li spostò. Solo li osservava. Cercava di capire: era impazzito? Aveva dimenticato di lasciare i fiori al cimitero? Ma ricordava ogni passo. Aveva visto i gigli sulla tomba, ne era certo.

La sera, parlando con Anna, trovò il coraggio di raccontarle ciò che era successo. Lei lo ascoltò senza giudicare. Gli prese la mano e disse solo:

— Forse non è successo per spaventarti. Forse è successo per dirti che l’amore, a volte, torna a bussare. Anche se non ci credi più.

Un nuovo inizio
Da quel giorno qualcosa cambiò. Non all’improvviso, non in modo drammatico. Ma lentamente. Sergei iniziò a sorridere un po’ di più. Cominciò a parlare di progetti, di futuro. Lui e Anna iniziarono a vedersi fuori dall’università. Non era un sostituto, né una nuova versione di ciò che aveva perso. Era qualcosa di diverso. Era vita che tornava.

Ogni anno, nel giorno dell’anniversario della morte della moglie, Sergei porta ancora i gigli al cimitero. Ma ora lascia anche un mazzo identico nella cucina di casa sua. Nello stesso vaso. Come a dire: non ti ho dimenticata, ma ho imparato a vivere di nuovo.

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