Essere un padre single non è una scelta. È una condizione che spesso arriva senza preavviso, come una tempesta che ti costringe a ridisegnare la tua vita da capo.
Da quando la madre delle mie figlie se n’è andata, tutto è cambiato. Casa nostra è diventata un piccolo mondo fatto di confusione, abbracci improvvisi, risate notturne, lacrime silenziose e forza quotidiana.
Ogni giorno inizia con una battaglia contro il tempo: preparare la colazione, sistemare le cartelle, pettinare due testoline con capelli indomabili, affrontare discussioni su calzini spaiati e poi, infine, accompagnarle a scuola.
Ma una mattina, una qualunque, qualcosa è andato diversamente.
Il silenzio prima della sorpresa
Mi sono svegliato stanco, come sempre.
Le bambine dormivano ancora. Cosa rara, per la verità. Mi sono alzato in punta di piedi, diretto in cucina per preparare la colazione come ogni giorno. Pancake, frutta, latte tiepido: il solito rituale. Ma appena ho aperto la porta, mi sono fermato di colpo.
Sul tavolo c’erano tre piatti, perfettamente sistemati. Su ognuno, una pila di pancake caldi, con fettine di fragola e banana disposte con cura. Accanto, una bottiglietta di sciroppo d’acero, due tovagliolini piegati a forma di fiore.
E io non avevo cucinato nulla.
Istintivamente, ho avuto paura
Chi era entrato in casa? Avevo dimenticato la porta aperta?
Sono andato a controllare: tutto chiuso. Nessun rumore, nessuna finestra forzata. Le bambine dormivano ancora, serene.
Eppure, lì c’era una colazione perfetta. Fatta da qualcuno.
Non da me.
Mi sono seduto, perplesso. Ho toccato i pancake: erano ancora caldi. E il profumo… non era quello dei miei soliti pancake un po’ bruciacchiati. Era diverso. Più dolce. Più accurato.

Le bambine si svegliano
Quando sono arrivate in cucina, hanno gridato:
— Pancake! Evviva!
— Papà, ma hai cucinato tu?
Le ho guardate, in silenzio.
— No. Voi sapete qualcosa?
Mi hanno fissato, poi una ha detto:
— Forse è stata la mamma?
Ho scosso la testa. Era impossibile. Non era stata lei.
Eppure, non avevo idea di chi potesse essere stato.
Il biglietto nella cesta del bucato
Il mistero è rimasto irrisolto per tutto il giorno, finché, piegando i vestiti puliti, ho trovato un piccolo foglietto nascosto tra due magliette. Era scritto a mano:
“So quanto ti costa ogni mattina. So che a volte ti senti invisibile.
Questo è solo un piccolo gesto per ricordarti che qualcuno ti vede.
Continua così. Stai facendo un lavoro meraviglioso.”
Nessuna firma. Solo un piccolo disegno di un sole nell’angolo.
Sono rimasto immobile a leggere quelle parole più e più volte.
Ancora oggi non so chi sia stato
Una vecchia amica? Una vicina di casa? Qualcuno che mi conosce abbastanza da sapere che ogni mattina corro per non cadere?
Non lo so. E forse non lo saprò mai.
Ma da quel giorno, ogni volta che mi alzo troppo stanco, ogni volta che mi sembra di non farcela, ripenso a quella mattina. A quel gesto.
E so che qualcuno, da qualche parte, mi vede.