Il sole di giugno riscaldava dolcemente la schiena di Yulia mentre camminava tra le tombe di marmo in un cimitero di Kiev. Le pietre brillavano di una freddezza elegante, ma lei non era lì per ricordare i morti: era lì per sopravvivere.
Incinta, con un passato difficile sulle spalle, era uscita dal carcere solo tre settimane prima, dopo aver scontato una pena per eccesso di legittima difesa. Il mondo fuori, però, non era più clemente di quello dentro. Senza casa, senza lavoro e senza aiuto, ogni giorno era una lotta.
E per sopravvivere, Yulia si era abituata a cercare cibo tra le tombe, raccogliendo ciò che le famiglie lasciavano ai propri cari: pane, uova, dolci — piccoli gesti d’amore che per lei erano nutrimento.
La scoperta
Quel giorno, mentre si aggirava tra sepolture ormai familiari, vide qualcosa sotto una panchina accanto a una tomba particolarmente elegante: un portafoglio in pelle. Sembrava nuovo, pesante.
Le tremò il cuore. Guardò intorno — il cimitero era deserto.

Lo raccolse. All’interno c’erano diverse banconote da 500 grivnie, carte di credito, una fotografia di una donna anziana… e un foglietto scritto a mano:
«Se l’hai trovato, forse ne hai più bisogno di me. Spero che tu non lo sprechi.»
Tentazione o speranza?
Yulia restò immobile. Era un dono? O una trappola? Oppure un segnale?
Per lei, affamata, senza un tetto e con una nuova vita nel grembo, quelle banconote significavano qualche giorno di pace. Ma quelle carte raccontavano anche di una persona reale. Qualcuno che forse stava soffrendo. O che aveva lasciato quel portafoglio intenzionalmente.
Il momento della scelta
Guardò di nuovo la lapide: Galina Nikolaevna Zholobova, 1946–2023.
Nessuna dedica, nessuna fotografia di famiglia. Forse era sola. Forse il portafoglio era stato lasciato da un figlio, o da una nipote. Forse… da nessuno.
Yulia si trovò davanti a una scelta difficile: prendere tutto e sparire, oppure restituire ciò che non le apparteneva — anche se nessuno l’avrebbe scoperta.
Ma pensò al bambino. Alla creatura dentro di lei, che già aveva sentito troppa fame, troppa umiliazione. Quel piccolo meritava una madre che, pur nel buio, scegliesse la luce.
Il gesto
Yulia richiuse il portafoglio e lo rimise sotto la panchina. Accanto, lasciò un messaggio scritto sul retro di un vecchio scontrino:
«Grazie. Ho fame. Ma voglio che mio figlio cresca sapendo che sua madre ha scelto la dignità.»
Poi si allontanò, lentamente.
L’epilogo
Quel giorno Yulia non portò con sé cibo né denaro. Ma portò via qualcosa di più importante: la consapevolezza di essere ancora una persona degna, anche se il mondo sembrava averla dimenticata.
In una società che misura il valore nella sopravvivenza, lei aveva ricordato a tutti che a volte, la vera forza è scegliere di non perdere se stessi.
Non vinse nulla, ma non perse la sua anima. E forse, per il figlio che aspettava, quella fu la più grande vittoria.