Questa modella allatta il suo bambino durante una sfilata: «Voglio che il mio bambino venga allattato in pubblico.»

In un mondo dove moda e spettacolo si intrecciano costantemente, i confini dell’espressione vengono continuamente ridefiniti. Uno di questi momenti — al tempo stesso tenero e rivoluzionario — è avvenuto quando la modella americana Mara Martin ha sfilato durante la Miami Swim Week non solo indossando un costume da bagno di design, ma anche allattando sua figlia neonata. L’immagine è stata potente. Intima. E soprattutto, senza alcuna vergogna.

Per Martin non si è trattato solo di un gesto istintivo dettato dalla necessità. È stata una vera dichiarazione. “Voglio che mia figlia venga allattata in pubblico,” ha affermato successivamente, dando voce a tantissime madri che ogni giorno si scontrano con lo stigma e il disagio sociale per aver fatto ciò che è, da ogni punto di vista naturale e umano, del tutto normale. Le reazioni a questo momento rivelano quanto ancora la nostra società fatichi ad accettare il corpo femminile nella sua funzione biologica e non solo nella sua dimensione estetica o sessualizzata.

Normalizzare il tabù
Nonostante la crescente diffusione dei valori progressisti e dei movimenti per la positività del corpo, l’allattamento in pubblico continua a generare disagio in molte persone. Si alzano sopracciglia nei ristoranti, si ricevono sguardi curiosi nei parchi, e spesso la questione finisce persino nei dibattiti politici. È paradossale: il corpo femminile viene mostrato ovunque, celebrato e spesso sessualizzato nella pubblicità, nella musica, nel cinema, eppure l’atto più naturale — nutrire un figlio — viene visto come inopportuno.

Con la sua sfilata, Martin ha spezzato questa ipocrisia proprio in un luogo solitamente lontano da immagini di maternità: una passerella. Un contesto in cui i corpi vengono mostrati e valorizzati, ma raramente per quello che realmente sono: veicoli di vita, di amore, di cura.

Un bivio culturale
Le reazioni non si sono fatte attendere. Da un lato, tanti hanno elogiato il gesto come simbolo di empowerment femminile. Dall’altro, alcuni lo hanno criticato, accusando Martin di voler spettacolarizzare la maternità.

Ma non è forse questo il punto?

Per troppo tempo, il discorso sull’allattamento in pubblico è stato controllato da chi lo trova «scomodo». Con il suo gesto, Martin ha rivendicato quello spazio. Ha mostrato che una madre non deve nascondersi, né vergognarsi. Allattare in pubblico non è un capriccio, è un diritto. E se può farlo in passerella — uno degli spazi più visibili e scrutinati al mondo — allora può farlo ovunque.

Oltre il gesto
Ridurre tutto a una trovata pubblicitaria sarebbe un errore. Martin non è la prima madre a nutrire il proprio figlio in pubblico e certamente non sarà l’ultima. Ma il modo in cui l’ha fatto — in uno spazio mediatico così forte — ha aperto un dibattito che non può essere ignorato.

Il suo gesto si inserisce in un movimento più ampio, globale. In molte parti del mondo, le donne lottano per poter allattare in pace: nei luoghi pubblici, nei posti di lavoro, nelle istituzioni. In certi paesi, l’allattamento in pubblico è ancora ostacolato, sia legalmente che culturalmente.

Eppure, questo atto è un diritto umano fondamentale. È vitale per la salute del bambino. È raccomandato da tutte le autorità sanitarie internazionali. Ed è un’espressione pura del legame tra madre e figlio, che merita rispetto, non censura.

Il potere delle immagini vere
Ciò che ha reso il gesto di Martin così potente è stata la sua autenticità. Non c’era filtro, non c’era trucco. Era reale. In un settore spesso accusato di superficialità e finzione, questo momento di realtà ha colpito proprio perché fuori dagli schemi.

La passerella è sempre stata un luogo di messaggi forti. I designer l’hanno usata per parlare di crisi climatica, giustizia razziale, identità di genere. Perché non anche della maternità?

Un piccolo grande passo
Alla fine, la scelta di Mara Martin non è stata provocatoria. È stata naturale. Ma in un mondo che ancora giudica l’allattamento come qualcosa da nascondere, momenti come questo diventano potenti atti di resistenza. Non servono slogan, né proteste. Basta vivere apertamente, nutrire senza scuse, camminare con sicurezza — con il proprio bambino in braccio e lo sguardo fiero.

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